Il grano duro è il primo elemento fondamentale per fare un buon pane, il lievito madre è il secondo, il forno è il terzo: i forni tradizionali in pietra sono ancora oggi un elemento urbanistico importante ad Altamura. Possono essere costruiti in tufo o in “màzzaro” (pietra di Gravina), un marmo locale refrattario; hanno cappe molto alte, bocche capaci di ospitare anche più di 300 chili di pane  (un tempo si facevano infornate anche di 550 chili) e le pale per l’infornata hanno necessariamente manici lunghissimi. Sono forni a legna a combustione diretta alimentati tradizionalmente soltanto con legna di quercia. Storicamente, i forni erano di quartiere o di masseria: ogni quartiere ne aveva uno e naturalmente ogni masseria doveva essere autosufficiente in tutto.
Il panificio non esisteva, è stato la diretta conseguenza del lavoro del fornaio trasportatore (u carreisceapèi’n_il trasportapane) che usciva per il quartiere con un lungo asse di legno e andava a raccogliere le forme impastate della massaie da portare al forno. Si facevano da due a sei cotture al giorno in funzione della temperatura dell’ambiente esterno, che influisce sulla temperatura interna del forno; con le massaie si programmavano gli orari “primo forno (circa alle 5), secondo forno (intorno alle 8)…”. Il fornaio veniva poi pagato in natura, generalmente con un pezzo di pasta cruda di circa 300 grammi (u c’cìj ora detto ciccio).
U carreisceapèi’n è un simbolo identitario della città di Altamura. Luigi Picerno di PanBiscò custodisce un sogno da tempo: un monumento dedicato al Pane di Altamura DOP e ai suoi fornai da posizionare in un punto strategico, e da regalare alla città. La statua è un ricordo d’infanzia, il fornaio “Colino” Nicola Pignatelli, che portava il pane nelle case altamurane.